L’universalità
del bello
§ 9. ESAME
DELLA QUESTIONE, SE NEL GIUDIZIO DI GUSTO IL SENTIMENTO DI
PIACERE PRECEDA IL GIUDIZIO SULL’OGGETTO, O VICEVERSA
La
soluzione di questo quesito è la chiave della critica del gusto, e perciò
degna di ogni attenzione. Se
ci fosse prima il piacere per l’oggetto dato, e al giudizio di gusto
spettasse soltanto il compito di attribuire alla rappresentazione
dell’oggetto la comunicabilità universale di quel piacere, si avrebbe
un procedimento intimamente contraddittorio. Perché allora quel piacere
non sarebbe che il semplice piacevole della sensazione, e, quindi, per
sua natura, potrebbe avere soltanto una validità particolare, perché
dipenderebbe immediatamente dalla rappresentazione, con la quale
l’oggetto è dato. E
quindi la possibilità di comunicare universalmente lo stato d’animo,
prodottosi rispetto alla rappresentazione data, che deve stare a
fondamento
del giudizio di gusto, come sua condizione soggettiva, e avere come
conseguenza il piacere per l’oggetto. Ma nulla può essere comunicato
universalmente se non la conoscenza e la rappresentazione in quanto è
conoscenza. Perché la rappresentazione solo allora è puramente
oggettiva,
e ha perciò un punto universale di riferimento, col quale la facoltà
rappresentativa di tutti è obbligata ad accordarsi. Ora se deve essere
pensato come puramente soggettivo il fondamento del giudizio su questa
comunicabilità universale della rappresentazione, cioè senza un concetto
dell’oggetto, essa non può essere altro che lo stato d’animo che
risulta dal rapporto delle facoltà rappresentative tra loro, in quanto
queste riferiscono una rappresentazione data alla conoscenza in generale. Le
facoltà conoscitive, messe in giuoco da questa rappresentazione son qui
in un giuoco libero, perché nessun concetto determinato le costringe a
una particolare regola di conoscenza. Sicché lo stato d’animo in questa
rappresentazione deve essere quello che è costituito dal sentimento del
libero gioco delle facoltà rappresentative in una rappresentazione data,
rispetto ad una conoscenza in generale. Ora, ad una rappresentazione con
cui è dato un oggetto, affinché ne nasca in generale una conoscenza,
appartengono la fantasia, per l’unione del molteplice dell’intuizione
e, l’intelletto, per l’unità del concetto che unisce le
rappresentazioni. Questo stato di libero giuoco delle facoltà conoscitive
in una rappresentazione con cui è dato un oggetto, deve poter essere
universalmente comunicato; perché la conoscenza, come determinazione
dell’oggetto, con cui date rappresentazioni (in qualunque soggetto)
debbono accordarsi, è l’unica specie di rappresentazione che valga per
ognuno. La
comunicabilità soggettiva universale del modo di rappresentazione
propria del giudizio di gusto, poiché deve sussistere senza presupporre
un concetto determinato, non può essere altro che lo stato d’animo
del libero giuoco della fantasia e dell’intelletto (in quanto essi si
accordano
tra loro come deve avvenire per una conoscenza in generale); perché noi
sappiamo che questo rapporto soggettivo appropriato alla conoscenza in
generale deve valere per ognuno, e quindi essere universalmente
comunicabile, come è ogni conoscenza determinata, che però riposa per
sempre su quel rapporto in quanto condizione soggettiva. Ora,
questo giudizio puramente soggettivo (estetico) dell’oggetto, o della
rappresentazione con cui esso è dato, precede il piacere per l’oggetto,
ed è il fondamento di questo piacere per l’armonia delle facoltà di
conoscere; ma su quell’universalità delle condizioni soggettive nel
giudizio
degli oggetti si fonda soltanto questa validità soggettiva universale
del piacere, che noi leghiamo alla rappresentazione dell’oggetto, che
chiamiamo bello. Che
il poter comunicare il proprio stato d’animo anche solo riguardo alle
facoltà di conoscere, porti con sé un piacere, sì potrebbe dimostrare
facilmente (in modo empirico o psicologico) con la naturale tendenza
dell’uomo alla socievolezza. Ma ciò non è sufficiente pel nostro
scopo. Il piacere che noi sentiamo, lo esigiamo come necessario da ognuno nel
giudizio di gusto, quando diciamo bella qualche cosa, proprio come se esso
fosse da considerarsi come una proprietà dell’oggetto, determinata in
questo secondo concetto; poiché la bellezza, senza il riferimento al
sentimento del soggetto, per sé non è nulla. Ma la soluzione di questa
questione dobbiamo rinviarla fino alla risposta a quest’altra: se e come
siano possibili giudizi estetici a
priori. Ora
occupiamoci ancora della questione subordinata: in che modo, nel giudizio
di gusto, noi siamo coscienti di uno scambievole accordo soggettivo
delle facoltà di conoscere, se esteticamente, mediante il semplice senso
interno e la sensazione, o intellettualmente, mediante la coscienza
della nostra attività intenzionale, con la quale le poniamo in giuoco. Se
la rappresentazione data, che provoca il giudizio di gusto, fosse un
concetto che unisse l’intelletto e l’immaginazione nel giudizio
dell’oggetto allo scopo di conoscerlo, la coscienza di questo rapporto
sarebbe intellettuale (come nello schematismo* oggettivo della facoltà
del giudizio, di cui tratta la Critica). Ma allora il giudizio non
sarebbe dato
DEFINIZIONE
DEL BELLO DESUNTA DAL SECONDO MOMENTO È
bello ciò che piace universalmente senza concetto. * Si ricorda che lo
schematismo è in Kant il processo grazie al quale, a partire dalle
intuizioni pure dello spazio e del tempo, prendono forma le
categorie, condizioni universali e necessarie del nostro modo di
rappresentarci gli oggetti: superiori a quelle della pura sensibilità. da
CRITICA DEL GIUDIZIO
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